Collettiva di fotografia
Arte in mostra a UGC Ciné Cité – Roma
03-28/02/2006
Romapoesia, Lavatoio Contumaciale – Roma
13-27/10/2005
Fashion Art Event, Cinecittà Campus – Roma
05/07/2005
In un tempo in cui domina, e quasi imperversa, l’immagine virtuale o quella digitale cinque fotografi dichiarano la loro volontà di lavorare attraverso la fisicità di una macchina fotografica – a volte la più semplice di tutte, quasi una mera camera oscura – e la modificazione “chimica” di una membrana sensibile all’urto o alla carezza della luce, calibrata da mani consapevoli.
La fotografia sperimentale è lo studio della luce e dell’ambiente per la libera espressione di sè, è lo sviluppo delle capacità artistiche attraverso l’osservazione e l’approfondimento del linguaggio fotografico canonico e di sperimentazioni alternative, con tutte loro le intrinseche possibilità narrative.
Il fotografo diventa il soggetto della propria fotografia, della propria ricerca: attraverso gli scatti provenienti dalla ricerca personale dei singoli nasce la presa di coscienza di sè.
Questa mostra è un “gioco” collettivo, nato dall’attitudine a cogliere l’essenza, la poesia o il tratto emotivo delle cose e dal desiderio di coltivare la passione per un linguaggio della comunicazione visiva di cui gli autori sono esperti per formazione e per professione.
La sequenza con cui si presentano al pubblico è in ordine alfabetico, ma non per cognome come ci aspetteremmo, bensì… per soprannomi! Parte di questo gioco è, infatti, l’uso di nomi e soprannomi che proietta nel presente tecnologico i componenti del gruppo e suggerisce l’origine telematica della loro amicizia. I “nickname” rivelano e sottolineano aspetti nascosti delle personalità fino a divenire imprescindibili nel comporre un’individualità che dà carattere alle immagini che propone.
LOOK AROUND <-> STRIKE A POSE
Fotografia sperimentale
Testo critico
Il negativo di una pellicola fotografica fa da sfondo ai nomi dei cinque fotografi che qui espongono e alle brevi presentazioni del loro modo di operare, un segnale anche questo: in un tempo in cui domina, e quasi imperversa, l’immagine virtuale o quella digitale essi dichiarano la loro volontà di lavorare attraverso la fisicità di una macchina fotografica, a volte la più semplice di tutte, quasi una mera camera oscura, e la “chimica” modificazione di una membrana sensibile all’urto o alla carezza della luce, calibrata da mani consapevoli.
La definizione di “Fotografia Sperimentale” lascia aperte numerose possibilità di interpretazione, ma unisce le cinque diverse personalità in un unico intento di fondo: dischiudere molteplici finestre sull’espressione più personale di sé o sulla visione più intima del mondo che ci circonda, fatto di panoramiche straniate, dettagli ravvicinati a volte evanescenti e quasi di matrice simbolista, sovrapposizioni e sequenze, icone talora stereotipate del mondo pubblicitario, sfocature volute e un uso virato del colore (essenzialmente basato sui colori primari più il complementare verde), come primo contrassegno espressionista di una realtà guardata e letta in modo del tutto soggettivo; ma la sperimentazione è anche sulle possibilità dello strumento analogico di cui si servono i fotografi o sul suo uso programmaticamente giocato fra consapevolezza e casualità, o meglio, sulla consapevolezza della presenza nelle foto della casualità, dovuta ad una miriade di aspetti e di fattori incontrollabili al momento dello scatto, e dei suoi interessanti e stimolanti apporti all’immagine finale.
Il fotografo è sempre in qualche modo soggetto della propria fotografia insieme all’oggetto/soggetto che ritrae e blocca in una dimensione sospesa fra memoria e possibilità, ma qui questa presenza viene rivendicata fortemente, quasi a voler fare immediatamente relativizzare e superare al pubblico la prima comunicazione di superficie per spingerlo alla ricerca di una conoscenza non tanto di stralci di mondo, quanto di frammenti di persone.
Un “gioco” collettivo quello di questi giovani sensibili fotografi, nato dall’attitudine a cogliere l’essenza, la poesia o il tratto emotivo delle cose e dal desiderio di coltivare la passione per un linguaggio della comunicazione visiva, di cui sono esperti per formazione e per professione.
La sequenza con cui si presentano al pubblico è in ordine alfabetico, per cognomi ci aspetteremmo… e invece è per soprannomi! Parte di questo gioco è, infatti, l’uso di nomi e soprannomi che proietta nel presente tecnologico i componenti del gruppo e suggerisce l’origine telematica della loro amicizia. I “nickname” rivelano e sottolineano aspetti nascosti delle personalità, sottesi ai nomi, ma preponderanti fino a divenire imprescindibili nel comporre un’individualità che dà carattere alle immagini che propone.
Maria Francesca Zeuli
05.07.2005
Esposizioni
fotografia