Il fascino indiscreto delle toy camera
Articolo originale su 7thFLOOR
3 novembre 2007
L’analogico ha sempre il suo fascino e le mode sono cicliche.
Partendo da questi due luoghi comuni, mi è venuto in mente di riproporre qui un articolo scritto 4 anni fa per 7thFLOOR in cui mi fu chiesto di parlare della lomografia, in particolar modo della toy camera per eccellenza: la Holga.
Quella che consideravo una tendenza ormai passata, che aveva avuto il suo massimo splendore fra la fine degli anni novanta e la metà del 2000, riemerge prepotentemente in questi ultimi anni, anche grazie agli smartphone e ad applicazioni tipo Lo-mob, Hipstamatic o Instagram, che permettono di ottenere gli stessi effetti della combinazione lente + pellicola + sviluppo, ma con un completo controllo sul risultato.
Eppure la filosofia della lomo era caratterizzata dal caso, ossia dall’imprevedibilità del risultati che il mezzo fotografico, con la scelta della pellicola, del suo sviluppo e di particolari condizioni di luce, regalava.
E come non ricordare la polemica, che seguiva passo passo ogni progetto lomografico? Alimentata dai fotografi professionali,questi ultimi non la consideravano parte della Fotografia con la “f” maiuscola perché chiunque, su un rullino da 36 aveva la possibilità (statstica) di tirare fuori una foto bella… appunto, grazie al caso.
Mi chiedo spesso cosa sia rimasto in quegli anni di pionerismo: dove ci si scambiava trucchi e consigli su come ottenere determinati effetti, e dove la vera arte era riuscire a combinare tutte quelle variabili di cui sopra, e la vera emozione era scoprire il risultato della propria fatica a giorni di distanza, andando a ritirare i rullini dal laboratorio di sviluppo (pure quello faceva parte di una delle tante variabili).
In quest’epoca di tutto già visto, tutto già fatto, tutto pre-digerito, quella poesia di 10 anni fa ha ancora un senso?
Mentre medito su una risposta, vi auguro una buona lettura :)
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3 novembre 2007 – Certo è strano parlare di fotografia a pellicola in piena era digitale. Eppure nell’underground artistico delle grandi città, una delle tendenze imperanti è quella di creare arte visiva attraverso le “toy camera”.
Una delle più diffuse ed amate è la Holga. Una “medio formato” (che utilizza pellicole formato 120 e non le classiche 35mm) ricercata non solo per la sua economicità, ma anche per la sua versatilità e le sue foto “low-fi”.
Holga è in realtà il nome dell’azienda produttrice di queste macchine fotografiche, fondata ad Hong Kong nel 1982. Il nome deriva dall’espressione “ho gwong”, che significa molto luminoso.
Le macchine fotografiche prodotte dall’azienda, furono in origine destinate ad una fascia di mercato accessibile alle classi operaie cinesi, cosicché potessero stampare foto a costi contenuti.
La costruzione poco costosa, e la semplice lente in plastica delle Holga, spesso produceva foto che presentavano vignettature, sfocature, scarsa illuminazione ed altre distorsioni, diverse da macchina a macchina. Questo suo difetto fu apprezzato da chi, invece, ricercava nuove sperimentazioni nella fotografia.
Ai giorni d’oggi l’uso e la sperimentazione con la Holga è diventato un filone artistico vero e proprio.
La maggior parte delle macchine fotografiche Holga usano una lente fotografica a menisco compatta, con una distanza focale di 60 millimetri, che consente una messa a fuoco da circa 1 metro all’infinito. Il regolatore dell’apertura dell’obiettivo presenta due sole modalità, ma per via di un difetto di fabbricazione, solo la seconda è effettivamente operativa, con un’apertura di circa f/13.
A causa della montatura in un unico pezzo, le lenti prodotte dalla Holga a volte generano consistenti sfocature ed aberrazioni cromatiche. La quasi totalità del cerchio di luce proiettato dalla lente viene emesso sulla pellicola; tale inconveniente dà alle foto scattate con una macchina fotografica Holga la caratteristica vignettatura.
Il fascino delle foto Holga infatti sta in quel sapore di vintage, nei graffi accidentali della pellicola, nella sovraesposizione centrale e la vignettatura ai bordi che ti catapulta al centro dell’immagine, nella saturazione dei colori, nell’utilizzo di pellicole scadute e dei risultati inaspettati, nel formato quadrato della pellicola, nelle esposizioni multiple spesso casuali e spesso ricercate.
Oltre che per l’aspetto “emotivo” che dona alle sue foto, un altro fattore che genera il mito della Holga è l’aspetto ludico della sperimentazione. La Holga, appunto come “macchina-giocattolo” può subire modifiche ed elaborazioni strutturali infinite, sia per migliorane le prestazioni, sia per ottenere nuovi effetti. Questo la rende unica nel suo genere e, dopo ogni intervento, completamente nuova, sia per il suo utilizzo che per i risultati che si possono ottenere dalle sue elaborazioni.
Modelli
- Holga 120S: il primo modello prodotto dalla Holga. Disponeva di velocità fissa dell’otturatore, fuoco regolabile, discreta regolazione dell’apertura dell’obiettivo (in plastica), attacco per il flash (opzionale) e una maschera interna per i fotogrammi 6×4.5 cm. Attualmente è fuori produzione
- Holga 120N: versione aggiornata del modello originale con lo stesso obiettivo di plastica, ma in più dispone di attacco per il cavalletto, lampadina per la modalità “esposizione”, contascatti, e una mascherina aggiuntiva per realizzare fotogrammi da 6×6 cm.
- Holga 120SF: come l’Holga 120S, con l’aggiunta del flash.
- Holga 120GN: come l’Holga 120N, con l’obiettivo in vetro anziche in plastica.
- Holga 120FN: come l’Holga 120N, con l’aggiunta del flash.
- Holga 120GFN: come l’Holga 120FN, con l’obiettivo in vetro anziché in plastica.
- Holga 120CFN: come l’Holga 120FN, con il flash colorato.
- Holga 120GCFN: come l’Holga 120CFN, con l’obiettivo in vetro.
Interventi migliorativi
- rimozione di un anello di metallo del regolatore dell’apertura per renderla più luminosa (+1 stop, circa);
- la parte interna può essere offuscata con una vernice nera opaca, così da limitare il fenomeno della vignettatura;
- l’esterno può essere sigillato con del nastro isolante per evitarne le infiltrazioni di luce.
Interventi artistici
- l’eliminazione della maschera interna 6×4.5 cm e 6×6 cm ne aumenta l’effetto della vignettatura;
- la lente può essere sostituita con un foro stenoscopico (Pinholga);
- con utilizzo un comune rullino da 35mm nel vano della pellicola, le esposizioni possono raggiungere le dimensioni di una superficie di una pellicola formato 135, e l’immagine impressionare anche la dentellatura del trascinamento, creando un effetto suggestivo (Holga 35);
- la Holga può montare un adattatore per le pellicole usate dalla Polaroid (Holgaroid);
- non facendo avanzare il fotogramma fra uno scatto e l’altro, si crea l’effetto della “doppia esposizione”;
- facendo avanzare solo in parte il fotogramma, si possono creare immagini parzialmente sovrapposte, utili per creare degli interessanti panorami (holgarama).
Questi sono solo alcune delle tecniche sperimentate dagli appasionati.
Ma la fantasia non ha limiti e la Holga si presta con facilità ad ogni tipo di ulteriore modifica, anche perché la vera creatività non dipende dal mezzo che utilizzi, ma dall’utilizzo creativo che fai di esso.
approfondimenti
www.theholgabox.com
www.holgamods.com
www.toycamera.com
www.squarefrog.co.uk/holga
www.lomography.com/holga
www.holga.net
www.holgaphotography.com
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