Traslochi (del chi va e del chi resta)
A volte invidio chi deve traslocare.
Chi per vari motivi deve cambiare appartamento, cambiare città, si trasferisce all’estero, inizia a convivere o semplicemente ha deciso di cambiare vista dalla finestra.
Invidio il fatto di scandagliare casa, riempire scatoloni, riassumere la propria vita all’essenziale: tutto ciò che entra in una scatola/busta/borsa… il resto: superfluo.
Invidio chi entra per la prima volta in una casa nuova con le pareti libere, spoglie, lisce: tante pagine bianche da riepire.
Le finestre che aspettano di essere spalancate (anche in pieno inverno); iniziare a immaginare dove mettere il letto; ipotizzare dove passa l’asse Nord-Sud per il corretto feng shui; usare gli scatoloni come provvisori comodini; poggiare la caffettiera sul piano cottura: la prima cosa da mettere in cucina, l’essenza di una casa.
E io qui. Legata alla mia di casa. Un’appartamento che amo troppo per lasciarlo.
La casa che ho sempre sognato, che serba intatto tutto il mio passato e ridefinisce ogni giorno il mio futuro.
Imprigionata dal Grande Raccordo Anulare, dall’Appia Antica, dalle sue consolari, dalla ragnatela di vicoli del centro, dalle sinuose curve del Tevere, da quel rapporto amore odio di cui non riesco a fare a meno.
E invidio anche il personaggio di Jep Gambardella che per ritrovare le sue radici ha lasciato Roma.
Potessi farlo io. Ma le mie radici sono qui, cosa andrei a cercare fuori?
E ci vuole coraggio a ricominciare da capo. Sempre.
Ma non con un quaderno nuovo dalle pagine immacolate, dove l’ansia da pagina bianca ti prende allo stomaco come una vertigine.
Ma riprendendone uno vecchio e cercare spazi fra le pagine e le righe per poterci scrivere ancora (come il diario dell’anno precedente di Bridget Jones). Pagine in cui salta continuamente fuori il passato, con cui fare i contri, e che ti mette alla prova per vedere se sei riuscita a superarlo indenne.
Ricominciare confrontandosi quotidianamente con le scelte fatte, assumendosi responsabilità, affrontando ogni giorno occhi e sguardi dei vicini o di chi non vorresti più incrociare sulla tua strada… ma è ancora lì.
Non dico che sia facile cambiare casa, vita, città.
Ma neanche rimanere e cercare di rivoluzionare tutto dall’interno. Smontare, pulire e ricostruire. Non fuggire, ma affrontare quotidianamente il passato, e trasformarlo in un’opportunità.
Ecco perché invidio chi deve traslocare, ed è anche il motivo perché resto qui.
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