Una storia romana
Ti-tlic… Ti-tlic… ti-tlic…
Mi piace quando mi passano sopra con le ruote. Mi piace perché produco musica, ritmica: Ti-tlic… Ti-tlic… ti-tlic…
Musica che segue l’andamento e la velocità di chi ha fretta di andare o di arrivare, che accompagna i pensieri di chi mi passa sopra, veloce, e spesso non si accorge neanche di me.
Belle però queste ruote. Sono piccole e leggere. La musica che produco al loro passaggio è talmente impercettibile… ssssh! Silenzio!
Ecco di chi era quel fiocco rosa all’ingresso.
Di musica ne abbiamo fatta tanta negli anni, con i tuoi pattini, le ballerine, le biglie lanciate dal balcone per vedere se si rompevano al mio contatto o se rimanevano incastrate nelle mie fessure. E gli incontri ravvicinati: ginocchia, gomiti, fortunatamente neanche un dente; ma quella volta che hai cercato di tirar fuori quelle 100 lire con il coltello rubato dalla cucina, e tua madre si arrabbiò…
E da quando tua madre ti lasciò la mano per farti attraversare da sola la strada per la prima volta, la nostra musica è cambiata. Il ritmo dei tuoi tacchi, gli stivali, il passo veloce quando rientravi la sera, spesso leggero e spensierato, a volte pesante, a volte ti fermavi e avevo l’impressione che cadesse la pioggia su di me.
Poi di nuovo le piccole rotelle. – Ti-tlic. Ti-tlic. Ti-tlic. – Sempre frenetiche, sempre di corsa. – Ti-tlic. Ti-tlic. Ti-tlic. – E poi il silenzio per giorni, per settimane.
Quella volta che una rotella rimase incastrata in una fessura e il trolley ti cadde dalle mani: hai urlato stizzita per la paura di perdere il treno. Ma, lo ammetto, era solo un mio goffo tentativo di non farti partire ancora.
La gelosia non si addice a un pezzo di selce – anzi, di “serce” come dicono da queste parti – ma l’assenza della tua musica in quei giorni è diventata insopportabile. Ormai nessuno esce più roccambolescamente di casa con i pattini, neanche sanno più com’è fatta una biglia. Fra le mie fessure solo polvere e foglie morte, e la notte nessun tacchetto veloce mi attraversa più.
Ti-tlic… Ti-tlic… Ti-tlic… KLANGH!
Cos’è tutto questo fracasso! E chi è che arriva a quest’ora. La mattina è fatta per uscire di casa non per rientrarci…
Ma, aspetta! Sei tu!
Si, le tue chiavi sono qui… non nel tombino tranquilla.
Ma perché mi guardi così? Sei bella quando sorridi, lo sai?
Cosa? “Pavé”? No no, sono sempre io, quello romano, non c’entra nulla quella brutta città del nord… e poi… fortunatamente non mi hanno ancora asfaltato.
No dai, così mi bagni…
Su, sali a casa. Io ti aspetto qui. E quando esci metti quelle rosse di scarpe: fanno una splendida musica quando sei felice.
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