So chi sei (ode a Vivian)
Eri sola, sofferente, chiusa.
Sapevi di avere qualcosa dentro, un tuo mondo, un tuo linguaggio, ma non avevi voglia di esprimerlo.
Eri stufa di non riuscire a comunicare, di vedere gli sguardi perplessi dei tuoi interlocutori, di sentirti dire di essere strana, di sentirti esclusa, sottovalutata.
Eppure avevi tanto da dire, eri solo complessa, diversa. Lo sapevi, e l’hai capito catturando la tua immagine riflessa, fra le vetrine lucide e i giochi di specchi. Hai riconosciuto il tuo posto nel mondo, un’osservatrice discreta che si fonde con l’ambiente pur restandone staccata.
Chiusa verso la gente e aperta verso il mondo, so cosa cercavi con lo sguardo quando uscivi di casa.
I dettagli ti affascinavano, il tempo congelato in uno scatto, una sola sillaba di un intero discorso, quell’accento che racchiudeva in sé il significato di un’intera giornata.
Amavi i dettagli perché ti permettevano di sfuggire dalla complessità del tutto: non ti serviva ascoltare l’intera partitura, per te una nota era più che sufficiente.
Il mondo lì fuori è pieno di gente, di vita, di emozioni situazioni. E tu amavi osservare.
Scrutare i volti, le espressioni, i gesti che ti fanno comprendere molto più della persona che hai davanti, di quanto essa riesca a capire di sé.
Tanti fotogrammi, come tasselli di un puzzle, che ti riconnettono con il mondo, ti ci fanno nuovamente sentire parte.
Non ti senti più esclusa, perché osservi, ascolti, comprendi: fai parte del tutto, restandotene volontariamente ai margini.
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