Due pesi e due misure
Mi domando perché la graziosa precaria, che lavora (ok, da precaria, ma *lavora*) da 7 anni nel noto gruppo editoriale, ottiene così tanto ascolto e quasi subito un contratto, mentre la vecchietta che ruba al supermercato perché la pensione non le basta, l’onesto lavoratore che si da fuoco perché ha perso il lavoro, o gli immigrati arrampicati su una gru hanno la fugace notorietà concessa da un trafiletto sul giornale per poi ricadere nell’oblio.
Ma sarò fatta male io probabilmente, dato che non riesco a capire.
Dedicato a chi dice che tutti gli altri si sono lamentati senza agire: di segnali forti ne sono stati dati in passato, da tutte le categorie in difficoltà , peccato che l’italiano medio abbia la memoria corta.
Mi auguro che questo gesto ottenga i risultati sperati “per tutti” e non solo per salvaguardare la graziosa ragazza del noto gruppo editoriale.
Stefano Cobucci
20.11.2010 at 13:06Al di là delle considerazioni sociologiche dell’evento, io credo che l’hype ottenuto dalla graziosa precaria sia di natura tutta mediatica e BASTA.
Lo dico perchè anche io, da precario, per ottenere una benchè minima considerazione da *qualcuno o qualcosa* ho pensato di emergere dalla monnezza nella quale sono attuando un qualcosa di estremo come uno sciopero della fame, appunto.
Poi mi sono detto che, alla fine della fiera, sarei stato solamente strumentalizzato da quello che è il “circo delle pantegane” che non aspetta altro che una nuova preda per autoalimentarsi.
Allora ho pensato che probabilmente, la soluzione più adatta, è correre ai ripari nel modo più dignitoso possibile (non che uno sciopero della fame non lo sia, attenzione!) e cercarmi un altro lavoro, qualunque lavoro, in tutti i modi.
Ok, non è la soluzione che TUTTI possono attuare. Ma di soluzione sicuramente ce n’è sempre una.
valentina cinelli
20.11.2010 at 13:15stefano, sono pienamente d’accordo con te.
è il “rimboccarsi le maniche” di cui parlavo due post fa.
lavoro dal ’92 e sono stata messa in regola solo per 11 mesi part-time.
ogni volta che c’era qualcosa che non andava (oggi si chiamerebbe mobbing ma all’epoca era “avere un capo stronzo e misogino”) mi rimboccavo le maniche e mi cercavo un altro lavoro…. fino ad approdare, 5 anni fa, alla libera professione.
se avessi fatto io lo sciopero della fame, all’epoca, nella sconosciuta agenzia pizza-e-fichi, mi avrebbero dato un calcio in ***** e sarei stata accudita solo da mia madre in ospedale.
la stessa fine della pensionata, dell’operaio e degli extra-comunitari di cui sopra… l’oblio.